Elettricità, depressione ed elettroshock

Electroconvulsive therapy (ECT) is recommended for use as a therapy for unresponsive severe depression. The mode of action is not understood. Seizures are electrically induced in patients under anesthesia. Patients have a significant risk of memory loss. Differences in application of treatment come from variation in electrode placement, electrical wavefront and frequency of therapy.Ci sono sviluppi interessanti nel trattamento elettroconvulsivo della depressione nella sua forma più severa. In un articolo che analizza sistematicamente tutte le ricerche compiute di recente (meta-analysis), l’ultra-brief pulse stimulation migliora i risultati della terapia elettroconvulsiva standard (ECT) per quanto riguarda la riduzione dei sintomi depressivi con minori effetti collaterali.

Sì, il punto di partenza è costituito dalla ECT, comunemente nota elettroshock, che non gode di buona fama perché ricorda l’uso punitivo praticato nei manicomi e perché ancora non si comprende del tutto come funziona. L’ultra-brief pulse stimulation è una variante dell’ECT perché prevede la somministrazione di impulsi elettrici molto brevi (ultra-brief) ovvero sotto i 0.3 millisecondi di durata. Pensate che quando la terapia elettroconvulsiva iniziò ad essere utilizzata nel 1938, l’impulso dell’ECT durava 8 millesecondi. Nella pratica odierna e grazie agli sviluppi teorico applicativi, l’impulso somministrato nell’ECT standard ha una durata che va da 0.5 a 1.5 millesecondi.

Nell’analisi delle ricerche descritta nell’articolo del gruppo di ricerca della psichiatra Colleen Loo, l’ulteriore riduzione della durata dell’impulso (ultra-brief, ≤ 0.3) incrementa le prestazioni terapeutiche e riduce i principali disturbi cognitivi associati all’ECT standard (disturbi di memoria retrogada, difficoltà nell’apprendimento di nuova informazione e confusione mentale). E’ soprattutto in Australia che la terapia ad impulsi ultra brevi viene adottata con maggiore frequenza per gli oltre 10.000 australiani che soffrono gravi forme di depressione per cui non funzionano le classiche cure terapeutiche (psicofarmaci e psicoterapia).

Secondo quanto sottolinea la dottoressa Loo la difficoltà maggiore risiede non tanto nella ricerca che ha un solido percorso sperimentale quanto piuttosto nella percezione negativa che si ha sulla terapia elettroconvulsiva, vedi ad esempio film come Qualcuno volò sul nido del cucuolo che va ad aggiungersi al rudimentale e scorretto utilizzo fatto in passato. Oggi con farmaci miorilassanti e anestesia generale in aggiunta ai nuovi protocolli che prevedono somministrazioni estremamente ridotte nel tempo e nello spazio anatomico, l’ECT standard risulta più efficace per quei casi che non hanno trovato alcun giovamento nei tradizionali trattamenti (ad esempio vedi qui, quiqui e qui).

E’ strano notare un filo conduttore che unisce vari scienziati italiani nello studio dei nervi, dell’elettricità e della psicopatologia. E’ stato Galvani (e il suo assistente Aldini) a dimostrare in una serie di esperimenti che fosse l’elettricità a far comunicare i nervi tra loro. Fu Ugo Cerletti ad ideare ed utilizzare per primo la terapia elettroconvulsiva.

Oggi sappiamo che non è solo pura elettricità (corrente di elettroni) ma è anche la chimica a costituire la natura dei messaggi nervosi. Una combinazione di chimica ed elettricità che genera movimenti motori e attività mentale.

link all’articolo di meta-analisi della dottoressa Loo

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