Michelangelo e la paranoia

“Quando Lazlo Toth colpì la Pietà di Michelangelo pensai subito che ciò che lo aveva guidato era la volontà di essere come Michelangelo, di poter distruggere quel che l’altro aveva creato. Un transfert, quindi. Ciò che non si può creare, si può distruggere; ma la tensione, la condizione psicologica, l’esaltazione rimangono le stesse. D’altra parte, pensai, di immagini tanto note noi non sappiamo più se abbiamo in mente l’originale o la sua riproduzione infinitamente ripetuta.”

[Davanti all’immagine. Vittorio Sgarbi, Rizzoli, 1989]

Questo passaggio mi ha fatto venire in mente una cosa che lessi in un piccolo saggio di Borges quando dichiarava che ormai le storie classiche (Don Chisciotte, Odisseo, Dante e Virgilio, etc.) sono di dominio pubblico senza che sia stata letta una pagina dell’originale.

E’ in sostanza quello che succede anche con le informazioni scientifiche. Ma c’è qualcosa ancora più interessante. Questo significa che tutta la nostra conoscenza in fondo si basa su antologie, su intermediari, che facilitano un senso superstizioso della realtà del mondo e degli uomini. La nostra mente è quotidianamente, perennemente allenata a fidarsi della sostituzione della realtà. Siamo preparati alla paranoia.

E’ come se i cervelli si siano sviluppati per interloquire paranoicamente fra loro tramite strumenti cognitivi, evitando inutili sprechi oggettivi.
Sembra funzionare.

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