La paranoia di Glenn Gould

Una specie di teletrasporto musicale, questo è riuscito a fare un software. Il mio amico alieno ama ascoltare Bach eseguito da Glenn Gould. L’altra sera, mentre ascoltavamo le Variazioni di Goldeberg registrate dal pianista canadese nel 1955, mi ha fatto notare che non si trattava di un’esecuzione umana.

Stavamo ascoltando la riproduzione dell’esecuzione di Gould da parte di un programma informatico. Ogni nota, il battere delle dita, gli intervalli, la pressione del piede sul pedale, il volume, il curioso canticchiare di sottofondo di Gould, sono stati elaborati e fedelmente eseguiti dal software facendo muovere automaticamente i tasti del pianoforte.

Ho pensato allora che la tecnologia continua a sorprendermi. Soprattutto quando si comporta in un certo senso con naturalezza proprio nei suoi lati paranoici, di sostituzione della realtà.

Ho spiegato al mio amico extraterrestre che gli algoritmi di un programma sono come un comune commerciante: cerca di venderti un prodotto familiare che accorcia il lavoro mentale.

La tecnologia sta crescendo, è un ibrido di psicologia infantile. Si comporta come un apparato fisiologico che collauda scenari personali senza ingannarti nel vecchio senso della parola, giustificando psicosi temperate. Così da questa combinazione di tecnologia e paranoia, il mondo e il corpo non si comportano più in modo bizzarro, ma con fedeltà.

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